Da anni su questo blog faccio una battaglia per spingere i giovani a cercare (e accettare) solo stage e tirocini che prevedano almeno un piccolo rimborso spese.
Il motivo è questo: poiché il rimborso non è obbligatorio per legge, se un’azienda lo offre vuol dire che sta davvero investendo qualcosa nel/la giovane che prende. Il che ovviamente non garantisce che il/la giovane avrà un futuro in quell’azienda, ma implica almeno che, nel periodo di stage o tirocinio, otterrà attenzione e formazione, e svolgerà le mansioni definite nell’accordo iniziale. Altrimenti, perché mai l’azienda dovrebbe buttar via i suoi soldi?
Però c’è caso e caso: se sei al tuo primo tirocinio curricolare, puoi accettarlo abbastanza a cuor leggero anche senza rimborso spese. A patto che sia davvero formativo. Se invece hai già una laurea magistrale e due o tre stage non pagati alle spalle, be’, accettarne ancora può essere una forma di masochismo o bassa autostima. Oltre che una perdita di tempo.
Però ci sono neulaureati felicissimi del loro stage, anche se non prendono un euro, sanno già che non lavoreranno in quell’azienda e nel frattempo fanno i baristi per mantenersi. Leggi per esempio l’esperienza di questa mia laureata:
«Sono Gloria, laureata alla triennale in Scienze della Comunicazione a marzo. Da quattro mesi lavoro in un’agenzia di comunicazione di Forlì, dove risiedo. L’agenzia, oltre a svolgere normali attività di comunicazione, è radicata nel circuito di un’emittente televisiva locale, è in collaborazione con una delle principali radio della città e annovera tra i suoi clienti rinomate aziende del territorio. Tengo a precisare che il rapporto con l’agenzia è di praticantato.Non percepisco stipendio, contributo spese, rimborso né alcun’altra forma di retribuzione: semplicemente offro la mia “mano d’opera” e loro in cambio mi danno la possibilità di fare esperienza con una formazione sul campo.All’inizio, prima di presentarmi in ufficio la prima volta, ero davvero atterrita. Mi si riproponeva il classico schema da tirocinio: in cambio di esperienza e di nomi per il curriculum dovevo offrire lavoro gratis. E chissà che lavoro poi. Di fare solo fotocopie non avevo proprio voglia.Fra parentesi, ad aggravare il peso di un praticantato non retribuito c’era il fatto fondamentale che, economicamente parlando, non mi sarei potuta permettere di lavorare senza un minimo di retribuzione. Mi mantengo in tutto e per tutto da sola ed ero davvero spaventata.Sono passati quattro mesi e il bilancio di questo praticantato non può che essere positivo. La mia formazione è stata continua e crescente. Non solo non mi hanno mai fatto fare commissioni personali o fuori dal settore, ma non mi hanno mai fatto rispondere neppure al telefono. Mi hanno integrata benissimo nell’organico, affidandomi progetti gradualmente più importanti.Non è tutto rosa e fiori: se sbaglio vengo ripresa, però mi viene spiegato subito il peso che il mio errore può avere nel progetto che ho per le mani.Per quanto riguarda il mio futuro in agenzia, meglio tenere i piedi per terra e cercare di prendere tutto il possibile da ogni giorno di lavoro. Quando e se tutto ciò finirà, avrò comunque un bagaglio di esperienza ampio e valido, che spero mi sia utile in futuro e mi permetta di non dover più affrontare tirocini.Non è facile fare la tirocinante gratis, ma questa volta ne vale la pena. Almeno per me.
Sicuramente l’entusiasmo per aver organizzato la mia prima conferenza stampa e aver fatto la mia prima intervista mi fanno vedere solo il meglio, ma sono consapevole che non sempre è così. Il peso di non avere uno stipendio è alleggerito dalla quantità di cose che sto imparando… e dal lavoro che faccio come barista la sera.Spero che la mia piccola esperienza possa dare un po’ di luce a un mondo, quello del rapporto fra i giovani e il lavoro, oramai sempre più buio.»
Article from: http://giovannacosenza.wordpress.com/2011/09/21/uno-stage-puo-essere-buono-anche-se-non-e-pagato/
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